SERMONE DI APERTURA DEL SINODO

della Predicatrice Laica Marta Torcini
Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. (2 Corinzi 5,17)

Probabilmente tutti, in qualche momento della nostra vita, abbiamo desiderato lasciarci alle spalle la vita vissuta fino a quel momento e cambiare tutto. C’è poi chi si limita a sognare di vincere la lotteria e rimanda a quel momento la realizzazione delle cose che vorrebbe fare, e chi invece cerca di concretizzare questo desiderio cambiando qualcosa della propria vita: dal rifarsi un guardaroba nuovo per dare una diversa immagine di sé al mondo, fino al cambiamento di lavoro, di compagno o compagna, di città, paese o continente.
Il risultato di questa operazione è raramente quello che ci si aspetta: sentirsi meglio, più liberi, più padroni di noi stessi e veramente realizzati come persone. Più frequentemente, dopo un primo periodo in cui sembra che tutto vada bene, ci si accorge che l’insoddisfazione profonda che ci ha spinti all’azione non se n’è affatto andata ed anzi è più forte di prima.
Gli psicologi ci dicono che in realtà quello che abbiamo realizzato non è un cambiamento vero della nostra vita, ma un tentativo di fuga da noi stessi: quello che desideriamo in realtà è essere diversi da quello che siamo, essere più simili ad un modello di persona che più o meno coscientemente abbiamo nella nostra mente come immagine di quello che vorremmo essere.
Il versetto che abbiamo letto ci dice che per noi cristiani questo profondo cambiamento che, com’è chiaro non è primariamente esterno e superficiale ma interiore e profondo, è possibile.
Quindi cosa significa per noi cristiani essere una nuova persona. La Scrittura ci dice prima di tutto che per diventare una nuova persona bisogna essere in Cristo. Essere in Cristo significa essere uniti a Lui, porlo a fondamento della nostra vita e dei nostri comportamenti quotidiani, Chi è in Cristo è nuova creatura grazie alla vita nuova creata dallo Spirito nel credente: rinasce in Cristo. Il primo atto che genera questa rinascita è il battesimo: con questo sacramento noi moriamo al peccato e rinasciamo di nuovo grazie allo Spirito Santo come persone che appartengono a Cristo.
Il secondo atto che può far evolvere questa rinascita in una nuova persona è il ravvedimento dell’anima. “Ravvedetevi e credete al vangelo” dice Marco (1,15) e in Atti 2, 38 è scritto “E Pietro a loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo”.
Cosa significa ravvedersi? Significa modificare il nostro modo di pensare, di sentire, di sperare, di operare, significa cambiare i nostri criteri di conoscenza, le nostre scale di valori, cercando in Gesù Cristo e nella Sua parola la guida per questo cambiamento.
Ravvedetevi, ci dice Gesù, cioè uniformate la vostra vita al mio insegnamento.
Solo attraverso Cristo noi possiamo diventare persone nuove, cioè persone che vedono e vivono il mondo con gli occhi dell’amore, della solidarietà, dell’accoglienza, del perdono. Il corpo è lo stesso, ma serve per la giustizia e non è più strumento di peccato; la mente è la stessa, ma è stata rinnovata ed illuminata (Romani 12,2) e così pure il cuore, la coscienza e la volontà. Una nuova creazione ha trasformato l’antica. Saulo è divenuto Paolo.
Con questa visione dentro di noi, noi diveniamo davvero persone nuove, perché diveniamo persone diverse da quello che eravamo prima, più attente agli altri, ai Comandamenti divini, più ricche di amore anche per noi stessi. Tutto questo non può essere fatto dall’esterno, e soprattutto non può essere fatto se noi individualmente e con responsabilità non ci impegniamo a cambiare davvero il nostro modo di avvicinarci alle cose del mondo e agli altri.
Individualmente questo significa affrontare la vita scoprendo la vocazione a cui Dio ci ha destinati e sforzandoci di attuarla con l’obiettivo di fare il bene. La mia vocazione è quella del medico? Meraviglioso, ma la devo realizzare non pensando al denaro che guadagnerò svolgendo una professione prestigiosa (criteri del mondo), ma alle vite che potrò salvare o anche solo rendere più degne di essere vissute attraverso le mie capacità, chiedendo il giusto compenso per l’opera prestata e rinunciandoci quando le persone che si hanno di fronte hanno bisogno ma non mezzi. C’è una profonda differenza fra il grande luminare che salva vite, è vero, ma chiede cifre esose per una visita, anche se magari poi destina una parte dei suoi proventi alla cosiddetta beneficenza, e il medico che giornalmente si spende in un quartiere popolare. Ho portato questo esempio perché è molto facile da capire: non la carità, ma il totale dono di noi stessi, questo è il vero cambiamento. Solo così saremo nuove persone. Solo così lasceremo dietro di noi il passato, le cose vecchie, i disvalori del mondo e potremo rinnovare anche il mondo intorno a noi.

Oggi in particolare questa parola è rivolta non solo a singole persone ma al primo Sinodo di una nuova piccola chiesa.
Allora è importante capire che non dobbiamo credere che, essendo nati adesso, siamo immuni dalla contaminazione del vecchio. Se guardiamo le chiese che esistono, chi da millenni, chi da secoli, chi da decenni, nessuna delle chiese che abbiamo la possibilità di osservare e conoscere, può essere per noi un esempio migliore di Cristo. Tutte, quale più quale meno, se anche in origine hanno davvero rinnovato dal profondo la vita spirituale e quella quotidiana, oggi hanno in buona parte abbandonato le cose nuove per tornare alle vecchie.
Sono sicura che capite bene tutti quello che sto dicendo: vediamo ogni giorno quelli che dovrebbero essere pastori d’anime desiderosi di compiacere il Signore con la loro opera, che sembrano piuttosto, nel migliore dei casi, amministratori attenti al centesimo o individui preoccupati soltanto di trovare una adeguata sistemazione economica e di prestigio per se stessi e i loro famigliari. Nel peggiore vediamo persone che si preoccupano del lusso personale, o che si lamentano perché vivono in appartamenti troppo piccoli per contenere la manifestazione mondana della loro grande cultura, che sono disposti a sacrificare e sacrificano gli altri in nomi di benefici tutti terreni per se stessi.
Credo che molti di noi comprendano questo per esperienza personale e che queste esperienze siano in buona parte all’origine della nostra comunità ecclesiale. Ebbene anche noi abbiamo lo stesso problema, perché come dicevo siamo creature imperfette, del tutto incapaci di redimerci. Per questo Gesù è morto sulla croce, per renderci puri e cancellare il nostro peccato. Con il suo sacrificio ci ha resi persone nuove, morte al peccato e rinate alla grazia.
Ma proprio perché siamo peccatori e solo con la nostra fede in Cristo possiamo essere redenti, proprio perché siamo consapevoli di essere esposti alle tentazioni, che non potremo evitarle tutte, che commetteremo sicuramente molti errori, dobbiamo continuamente ravvederci. Il ravvedimento vero è impegno quotidiano.
Le persone che sono il corpo della chiesa, cioè tutti i credenti, e in particolare quelle che assumeranno in questa chiesa delle responsabilità, che vogliono essere nuove e lasciare le cose passate, devono essere consapevoli dell’opportunità che ci è offerta dall’ essere nuova chiesa che nasce ora in Cristo: l’opportunità di predicare e concretizzare la parola di Cristo cioè l’opportunità di diffondere la parola e metterla in atto con i nostri comportamenti.
Per fare questo però dobbiamo essere onesti con noi stessi, riconoscere di avere alle spalle una montagna di sbagli e di colpe, come li chiamiamo noi, e che più correttamente dovremmo chiamare peccati. Ogni persona ha alle spalle una montagna di peccati. Ognuno ha ferito altri, ognuno ha agito con stoltezza. Il ravvedimento sta in questo, essere coscienti di quello che siamo e confidare nella grazia di Dio attraverso il sacrificio di Gesù.

In concreto cosa dobbiamo fare?
Prima di tutto dobbiamo ricordarci che siamo chiesa, cioè un gruppo di discepoli di Cristo, non importa quanto grande, che vivono in un mondo pieno di peccato: le guerre, la violenza, il terrore degli attentati, ma anche nel nostro quotidiano, la povertà, la discriminazione, l’ingiustizia che ogni giorno incontriamo. Il ragazzo extracomunitario che ci vende fazzoletti di carta e pinze per i panni è un discriminato, un povero, che ha affrontato un viaggio spesso doloroso e difficile per cercare da noi i mezzi per la sopravvivenza sua e della sua famiglia; il carcerato che sconta una pena forse giusta e forse no, perché la giustizia umana è imperfetta; la famiglia dei vicini di casa, che non arriva alla fine del mese perché c’è un disoccupato e i soldi non bastano; un collega di lavoro, magari antipatico, che viene messo da parte, che non riceve i riconoscimenti che invece gli spettano. Sono solo esempi di situazioni delle quali non possiamo, come cristiani, disinteressarci. Oggi è la giornata mondiale della Terra e ci ricorda che c’è violenza anche sul Creato: sugli animali, sulle piante, sulle acque, sul clima. Ieri ho saputo che i testimoni di Geova sono stati dichiarati fuori legge in Russia. Un fatto grave, perché colpisce una minoranza religiosa, esattamente come noi, e non importa se succede in un altro paese.
Il Sinodo, e noi tutti come cristiani, dobbiamo prendere posizione di fronte a queste cose, schierarci costi quel che costi, difendere i più deboli. Se tacciamo e non facciamo nulla commettiamo un peccato ancora più grande di quello commesso da chi discrimina, usa violenza, si comporta ingiustamente. Perché noi sappiamo che è ingiusto, noi sappiamo che non va bene, noi sappiamo che di fronte a Dio queste cose sono esecrabili. E sappiamo anche che in questo mondo sono cose “normali”, che accadono e contro cui sono in pochi a parlare, a volte nessuno.
Ci vuole coraggio, molto coraggio, il mondo ci giudicherà male, ci emarginerà, ci considererà matti o irresponsabili, ma Dio ci chiede proprio questo. Per essere davvero persone nuove dobbiamo essere pronti a mettere in discussione la normalità del mondo che ci circonda, ad agire e parlare in modo rivoluzionario, così come rivoluzionaria era la predicazione di Gesù. Certo dobbiamo aspettarci delle conseguenze, essere diversi comporta sempre un prezzo da pagare. Gesù lo pagò con la croce, anche noi dobbiamo essere pronti a prendere la nostra croce per seguirlo. Non c’è altra via che questa. Altrimenti saremo come tutti quelli che si riempiono la bocca di Dio, ma il loro cuore non appartiene a Dio, appartiene al mondo e quindi al peccato.
Nel mondo, ma non del mondo. Questo dobbiamo essere.

Oggi siamo riuniti per ordinare il nostro primo pastore, Andrea, che ha voluto con tutte le sue forze questa nuova chiesa e che si ostina, nonostante gli ostacoli, le delusioni e i rifiuti che riceve, ad voler servire Dio nel modo migliore che conosce.
Andrea ha ricevuto il suo primo aiuto da suo padre Walter e da sua madre Maristella: due persone che hanno saputo essere per lui un sostegno e un punto di riferimento e gli hanno infuso consapevolezza e coraggio.
Adesso tocca a noi suoi amici, fratelli e sorelle in Cristo. Aiutiamolo a diventare nuova persona, in modo che lui possa aiutare noi a diventare nuove persone, riunendoci tutti ai piedi della croce, ponendo davanti a Cristo le nostre anime da Lui purificate e chiedendogli tutto l’aiuto di cui abbiamo bisogno per diventare suoi imitatori e nuove creature. Amen

Marta Torcini

Autore dell'articolo: wp_2235727

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